Perché cambiare? || La mia storia.
- francescomy
- 9 feb 2019
- Tempo di lettura: 4 min

La decisione di trasferirsi all’estero non è mai qualcosa a cui pensi così per caso, c’è sempre un motivo valido dietro. È una decisione che matura nel tempo, dovuta ad un disagio che può essere di natura economica o sociale; ci sono alcuni che fanno questa scelta solo per la curiosità di esplorare una nuova città e farsi una nuova vita. Quale sia la tua motivazione, ti ritrovi al computer a comprare un biglietto di solo andata. Non sai precisamente quando sarà la partenza, un po’ dipende dal costo del volo e un po’ da ciò che l’istinto ti suggerisce. Ma dal momento in cui premi sul tasto “conferma” realizzi che tutto ciò che era solo un’idea, un pensiero che ti ossessionava da tempo, un sogno, ormai è realtà. Devi solo aspettare che arrivi quel giorno.
Io ricordo perfettamente il mio.
Era il 5 ottobre, sveglia ore 06.00.
Mai come quella volta mi svegliai col sorriso stampato sul volto. Era finalmente arrivato il momento in cui avrei cambiato la mia vita. Mi assicurai che tutto fosse pronto, di non aver dimenticato nulla. Pessimo inizio sarebbe stato se fossi partito lasciando qualcosa di importante a casa.
Mi preparai in pochi minuti, indossai gli unici vestiti lasciati fuori dai bagagli e corsi in bagno a sistemarmi i capelli, prontamente tagliati qualche giorno prima. Ero pronto! Salutai mia madre che credo trattenne la sua felicità mista a tristezza e timore per un figlio che stava lasciando tutto ciò che conosceva per fronteggiare un mondo ignoto, ricco sí di occasioni ma anche di ostacoli e pericoli.
Salí in macchina con mio padre alla guida e le mie due sorelle più piccole che decisero di saltare la scuola per accompagnarmi. Mentre ci dirigevano all’aeroporto riuscivo solo a guardare fuori e pensare che sarebbe stata forse l’ultima volta in cui avrei avuto l’occasione di vedere quegli edifici, quelle strade, quell’imponente vulcano simbolo della città che è il Vesuvio. Ma non ero triste, per niente! L’eccitazione di una nuova vita, una nuova lingua da scoprire e nuovi posti da conoscere erano di gran lunga più forti di una quasi inesistente nostalgia.
Arrivati all’aeroporto, controllai immediatamente dove fosse il mio volo. Consegnai il mio bagaglio da stiva e non potrò mai dimenticare il calore e la gentilezza di un addetto che, nonostante la mia valigia pesasse di parecchi chili più del dovuto, mi sorrise dicendomi di fare attenzione la prossima volta e la imbarcò senza chiedermi nessun pagamento extra. Ricambiai il suo sorriso e lo ringraziai.
Diretto al gate, mi fermai alle porte automatiche dove solo chi possiede un biglietto può passare per salutare mio padre e le mie sorelline. Passai tutti i controlli senza problemi e aspettai seduto su una sedia l’inizio dell’imbarco. Ricordo che ci sarebbe voluto un bel un po’, per questo decisi di ammazzare il tempo leggendo i numerosi messaggi di amici che mi auguravano un buon viaggio e tanta fortuna.
Dopo quasi tre ore di volo, durante il quale cercai invano di dormire, finalmente arrivai a destinazione.
Fu un giorno perfetto!
Certo, ho avuto i miei momenti bui, di sconforto in cui, se non fossi stato forte come ho capito di essere, sarei tornato indietro. E ad oggi so che sarebbe stato un errore, un “tornare indietro” nel suo significato più completo.
Perché quindi hai deciso di partire?
Ammetto che il motivo principale è di tipo economico, perché nella città da dove vengo la situazione lavorativa è pressoché precaria e deludente. Quando guardavo al futuro non riuscivo a vedere nulla, non aveva basi solide a sufficienza per costruire qualcosa. Ogni mattone che a fatica riuscivo ad aggiungere giorno dopo giorno, era capace di disintegrarsi in pochissimi secondi fra le mie mani come fosse del fragile vetro che non riusciva a sostenere il peso delle mie aspirazioni. Avevo sí un lavoro che mi piaceva abbastanza ma che non mi dava nessun margine di crescita nè tanto meno una remunerazione sufficiente a vivere.
Una ragione secondaria ma non meno importante è la ricerca della libertà. Intesa in tantissimi sensi, a partire dalla più banale libertà di vivere da solo, quindi mangiare ciò che mi pare, andare dove voglio senza restrizioni, starmene a casa tranquillo a guardare un film, fare tardi la sera. Poi vi è anche la libertà nei confronti di una società che mi ha sempre oppresso, deriso, giudicato. Una società che mi ha sempre fatto sentire un pesce fuor d’acqua, un estraneo, qualcuno da tenere a distanza perché ha qualcosa che non va. Probabimente per questo motivo la mia autostima è nata solamente dal momento in cui ho messo piede su quell’aereo.
E per finire la libertà da un buco nero, un aspiratore di energia e sogni che mi prosciugava di ogni cosa, ogni giorno senza fermarsi. Senza mai placarsi si impadroniva della mia luce, delle mie speranze che invano cercavano di rimanere aggrappate a me. E giorno dopo giorno vedevo che il fondo del mio cassetto era sempre più vuoto; ricordo che cercavo ogni volta di allungarmi col collo per scrutare le sue profondità ed ero sempre così sorpreso di riuscire a vedere il flebile luccichio di piccoli frammenti che provavano a resistere con tutte le forze a quella fredda e insensibile dittatura.
Molti di quei frammenti di luce si sacrificarono affinché oggi quel cassetto possa essere libero e riprendere col tempo a partorire nuovi sogni.
Purtroppo non potrò mai recuperare quelle stelle perdute, spero solo di riuscire a sostituirle, un giorno, con delle nuove altrettanto luminose.
Ognuno di noi ha motivi per i quali un cambiamento radicale può essere la soluzione, bisogna però capire quando fare quel passo e quando no. Ci sono problemi che ovunque tu vada ti seguiranno, perché non dettati dalle persone o dal luogo in cui ti trovi. Se i tuoi non rientrano fra questi allora prova, fai quel salto nel vuoto ma assicurati sempre di avere un paracadute con te.
Fra
















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